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lunes, 19 de mayo de 2014

Anarchismo

Anarchismo

Enciclopedia delle scienze sociali

Anarchismo sommario: 1. Introduzione. 2. Prime manifestazioni: Winstanley e Godwin. 3. Il mutualismo di Proudhon. 4. Bakunin e la Prima Internazionale. 5. Kropotkin e il comunismo anarchico. 6. La propaganda dei fatti. 7. L'anarcosindacalismo. 8. L'anarchismo in Spagna. 9. Recenti manifestazioni dell'anarchismo. 10. Marginalità sociale e geografica dell'anarchismo. □ Bibliografia. 1

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miércoles, 9 de abril de 2014

italicum....porcellum mascherato!!!


di Ferdinando Imposimato

Vediamo quali sono le caratteristiche della legge golpista approvata dalla Camera, intrisa di trucchi e contraddizioni, oltre che del tutto incoerente con le raccomandazioni della Consulta.

Pur nella modestia del mio sapere, raccolgo l'insegnamento di Aristotele, «quelli che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi di timore, in modo che i cittadini siano in guardia e non allentino la vigilanza intorno alla Costituzione»: nel delirio riformatore del governo Renzi-Berlusconi, l'Italicum è un'autentica vergogna, un guazzabuglio che può far saltare l'intero sistema istituzionale, distruggendo la nostra Carta fondamentale, garante dei diritti inviolabili dell'uomo. Dobbiamo constatare che il parlamento, sconfessato dalla Consulta, si appresta a riformare la Costituzione con l'abolizione del Senato e a varare un sistema elettorale non democratico. A proporre le riforme sono due personaggi privi di potere propositivo legittimo. Uno perché condannato per evasione fiscale e interdetto dai pubblici uffici, l'altro perché era titolare di una carica che lo rendeva incompatibile col mandato parlamentare. Entrambi a caccia di maggiore potere personale, anche violando principi costituzionali. A completare la distruzione giuridica, politica e morale della nostra Repubblica, afflitta da gravi diseguaglianze, si aggiunge il sistema elettorale che riproduce in modo arrogante le incostituzionalità già accertate dalla Corte. Ma vediamo quali sono le caratteristiche della legge golpista approvata dalla Camera, intrisa di trucchi e contraddizioni, oltre che del tutto incoerente con le raccomandazioni della Consulta.

Il sistema prevede un premio abnorme alla coalizione che supera il 37 per cento, portando il vincitore al 55 per cento dei seggi. Otterranno seggi i partiti che superano lo sbarramento del 4,5 per cento, che concorrono tuttavia alla soglia per il premio di maggioranza. In mancanza del 37 per cento, vanno al ballottaggio le due coalizioni più votate. Perchè la coalizione partecipi alla ripartizione dei seggi deve raggiungere il 12 per cento. I partiti che corrono da soli devono raggiungere l'8 per cento.



Questo sistema comporta una alterazione profonda della rappresentanza democratica premiando oltremodo le alleanze ibride e penalizzando ingiustamente i partiti che corrono da soli. La frode è colossale: da una parte aumenta la frammentazione dei piccoli partiti, salvati con le coalizioni. L'imbroglio serve a consentire a Forza Italia, con l'aiuto di lega, fratelli d'Italia, Ncd, e di una miriade di partitini, a superare il 37 per cento, cosa probabile, avendo quel partito il controllo di tutte le tv pubbliche e private e fruendo di un permanente conflitto di interessi che Renzi non eliminerà. Una minoranza del 37 per cento di nominati dall'alto, privi di capacità e libertà, eserciterà un potere assoluto sul 67 per cento degli elettori. Non solo; abolito il Senato, con una sola Camera, tutte le contro riforme liberticide saranno possibili, anche quella presidenziale e della giustizia da sottoporre al controllo del Governo, annunciate dai due dioscuri. Situazioni del genere portano diritto alla dittatura. Una legge proporzionale fu nefasta per la Repubblica di Weimar (1919), e preludio del nazismo.

Altro vulnus alla Costituzione è la mancanza di preferenze. Ci saranno liste bloccate corte, con un minimo di tre candidati e un massimo di sei. L'eliminazione della preferenza viola l'articolo 48 della Costituzione «il voto è personale ed uguale, libero e segreto». E l'articolo 3 della Convenzione per i diritti dell'Uomo del 1950: «Le parti contraenti si impegnano ad organizzare libere elezioni, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell'opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo». E viola l'articolo 21 della dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo dell'Onu di New York del 1948: «Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese , sia direttamente sia attraverso rappresentanti liberamente scelti... attraverso veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale e uguale, ed a voto segreto e libera votazione». Senza preferenza il diritto di voto viene trasferito alle segreterie di partiti, senza regole guidati da pochi oligarchi. Che scelgono i rappresentanti del popolo, indipendentemente da qualità e valore dei candidati. Il vero potere dell'elettorato è nello scegliere chi lo rappresenta e attraverso lui chi lo governa. La preferenza è l'essenza della democrazia. L'elettore che vota non decide solo cosa fare, ma chi farà, tra i candidati proposti. L'elettore preferisce un candidato credibile, sia pure con un programma modesto, e non un candidato poco credibile con un programma eccellente che non sarà mai realizzato. Se si elimina la preferenza, si abbandona il criterio del merito posto a base della Costituzione, e della par condicio tra i candidati. Tucidide fu il primo a parlare di democrazia selettiva: «Abbiamo una costituzione chiamata democrazia; ciascuno è preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale. E se uno può fare qualcosa di buono alla città, non ne è impedito dalla oscurità del rango sociale».



Le pluricandidature, altro vizio dell'Italicum, violano l'articolo 51 della Costituzione: «Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza». La condizione di eguaglianza viene violata poiché i candidati al vertice dell'elenco sono preferiti al di là del numero delle preferenze ricevute. Ma anche se l'elettore accetta l'ordine della lista, è ingannato da ciò che accade dopo la votazione. Infatti, per l'Italicum i notabili dei partiti possono presentarsi in ogni collegio nazionale. I loro nomi aprono le diverse liste. L'elettore, se mette una crocetta sul partito, illudendosi di scegliere i primi della lista, viene indotto in errore: la scelta finale spetta al plurieletto, capolista in diversi collegi elettorali. Costui, decidendo d'ancorare il proprio seggio a questo o a quel collegio, decide anche le sorti di chi gli sta dietro nel listino. E tale decisione si consuma dopo le elezioni, che così diventano farsa, messinscena, antitesi della democrazia elettiva e selettiva. È uno spettacolo cui abbiamo già assistito. Nel 2006 trascorsero un paio di settimane prima che ci fosse dato conoscere le facce dei nuovi deputati e senatori. Nel frattempo il Palazzo registrava l'altalena fra eletti rinuncianti e primi dei non eletti subentranti. Risultato: un terzo dell'intero parlamento venne scelto dalle segreterie politiche e non dagli elettori. Ed accadde che i subentranti erano meno bravi e indipendenti degli esclusi. Ed erano al servizio del benefattore che aveva loro spianato la strada, ingannando gli elettori. Si sostiene che queste illogicità plateali, queste storture aberranti, si rendono necessarie per assicurare la governabilità anche se sacrificano l'eguaglianza, principio fondante della Costituzione. Che dovrebbe recedere a fronte di un obiettivo che, al di là del costo altissimo, come dice Gianni Ferrara, in termini di tollerabilità democratica, è tutt'altro che certo e comunque non sicuramente virtuoso. Lo dimostra l'esperienza disastrosa del governo Berlusconi, che dal 2008 al 2011 disponeva di una maggioranza enorme e di una notevole governabilità, ed ha portato l'Italia sull'orlo del default. Ed ora pone le premesse per il suo ritorno al potere, auspice Matteo Renzi.

Si sostiene che la sera dell'elezione gli elettori devono "sapere chi li governa". Mai menzogna fu più spudorata. Averla prima inventata e poi diffusa ha determinato il rovesciamento del senso dell'elezione trasmutandola in scelta di colui dal quale si sarà governati. L'elezione non sarà più diretta alla scelta del rappresentante della volontà, dei bisogni, dei progetti del popolo cui spetta la sovranità. La sovranità sarà capovolta, diverrà sudditanza ad un capo assoluto. La tragedia della democrazia si rappresenterà con la farsa dell'elezione.

Prima di approvare questa legge, intervenga il presidente della Repubblica, prima ancora del vaglio del Senato, per le palesi violazioni della Carta. E ci pensino bene i parlamentari del Senato. Potrebbero favorire il ritorno di un condannato o cogliere l'occasione per rivelarsi capaci di salvare l'Italia dal regime.

miércoles, 5 de marzo de 2014

Il ritorno della guerra di classe



“Come vincere la guerra di classe” è un libro chiaro e scorrevole di Susan George, una studiosa cosmopolita che vive in Italia (Feltrinelli, 2013).

Il saggio è stato sviluppato sotto forma di racconto e descrive i piani di alcuni esperti che vogliono stabilire le azioni economiche a livello mondiale. Quindi si prendono in esame numerose tematiche geopolitiche: la Conferenza sulle frontiere artiche, il recente Passaggio artico (otto giorni di traversata da Houston alla Thailandia), i cambiamenti climatici, la disuguaglianza, i rischi assicurativi.

Così possiamo scoprire che in genere i paesi con più disuguaglianze economiche sono anche i meno creativi e innovativi, o che il settore assicurativo è in grave difficoltà: “gli assicuratori e riassicuratori più importanti del mondo, come i Lloyd’s di Londra che hanno dichiarato nel 2011 perdite record dovute a enormi versamenti per danni causati da eventi climatici estremi” (il 2011 è stato il peggiore dei 325 anni di vita).

Inoltre ci sono ancora troppi governanti e troppi potenti che fanno finta di non capire l’inequivocabile “legame esistente fra spesa pubblica e sviluppo economico. Canada, Stati Uniti e i paesi dell’Europa orientale, per fare solo alcuni esempi, hanno evidentemente goduto di ricchezza materiale e successo economico notevolmente superiore nel 1995 di quanto avessero goduto, diciamo, nel 1900. È una coincidenza che nel 1900 la spesa pubblica in queste nazioni fosse inferiore al 15 per cento del Pil e sia cresciuta regolarmente raggiungendo il 40 per cento nel 1995, con la singola eccezione degli Stati Uniti al 36 per cento?” (la Svezia impiega il 67 per cento).

Del resto Warren Buffett ha scoperto che pagava molte meno tasse della sua segretaria e ha ammesso: “C’è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo” (Buffet è la terza persona più ricca al mondo). Nel 1961 i milionari americani “versavano al governo federale il 43 per cento dei loro redditi, nel 2008 i loro pari con redditi equivalenti versavano appena il 23 per cento” (Susan George, p. 79).

La globalizzazione massimizza gli utili dei pesi massimi finanziari e non c’è da essere molto ottimisti: “sono tanto semplici gli uomini, e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare” (Niccolò Machiavelli, Il Principe, 1513, Rizzoli, 1980, p. 156).


Però bisogna tenere presente che “il tentativo di introdurre la parola “abbastanza” nel vocabolario della classe dominante è stato storicamente parlando, una battaglia persa. L’errore strategico ricorrente è stato “troppo poco, troppo tardi” [troppi lussi, troppo illusi]”. E “Sebbene nella notte del 4 agosto 1789 gli aristocratici francesi facessero a gara a svestirsi dei privilegi, non evitarono la Rivoluzione e a molti di loro, nonostante le migliori intenzioni, costò la testa”.

In definitiva l’economia si realizza negli scambi consensuali e l’individualismo sfrenato dissolve il progresso sociale e umilia il buon senso: “Se anche i costi della manodopera fossero azzerati, a chi venderebbero i loro prodotti le aziende? Il capitalismo necessita di clienti. Gli acquirenti in Cina e in altre economie emergenti non possono compensare le masse squattrinate a casa”.

Susan George, economista, si è specializzata nello studio dei problemi legati alla fame nel Terzo Mondo. Attualmente è presidente del Transnational Institute di Amsterdam (www.tni.org) e presidente onoraria di Attac France (http://france.attac.org). È reperibile tramite LinkedIn.

Per approfondimenti cinematografici: “Inside Job” (le cause della crisi finanziaria, 2010, reperibile su http://ildocumento.it).

Nota su Warren Buffet (l’investitore più arguto e onesto): uno come me paga “il 17,4 per cento del reddito imponibile – molto meno di quanto paga uno qualunque dei venti collaboratori del mio ufficio, per i quali l’onere fiscale varia dal 33 al 41 per cento, con una media del 36 per cento”.

Nota su Adam Smith (l’economista più travisato) - Così, “Tutto per noi e niente per gli altri sembra sia stata, in tutte le epoche della storia, la vile massima dei padroni dell’umanità” (p. 86).

Nota su Joost Mulder (lobbista pentito) - Mulder è stato un lobbista a Bruxelles, “Ma ha cambiato bandiera e adesso lavora per Finance Watch (www.finance-watch.org), una Ong voluta dagli stessi eurodeputati “stufi di ascoltare soltanto la versione dell’industria finanziaria” (p. 134). Il coraggioso consulente olandese è reperibile tramite LinkedIn.

Nota sull’Istituto Politecnico di Zurigo - La ricerca “The Network of Global Corporate” ha dimostrato che appena 147 società, “un nocciolo impenetrabile di multinazionali… possiedono il maggiore capitale azionario e il 40 per cento della ricchezza del campione iniziale di 43.000 multinazionali prese in esame… Questi attori al vertice hanno un controllo dieci volte superiore di quanto ci si potrebbe attendere in base alla loro ricchezza”. Le prime 50 sono tutte società finanziarie, bancarie e assicurative (quasi sempre anglosassoni), tranne l’americana Walmart e la China Petrochemical Group (a cura di Stefania Vitali, James B. Glattfelder, Stefano Battiston).

viernes, 28 de febrero de 2014

Nuovo governo e vecchie politiche ridipinte

di Franco turigliatto
http://anticapitalista.org/

Un aggiornamento al puntuale articolo di Turigliatto: un giudizio sintetico sul lungo monologo di Matteo Renzi lo ha espresso poco dopo Nichi Vendola, che ha osservato che in oltre un’ora Renzi non ha detto nulla di concreto. Ad esempio, che vuol dire “lavoro”, “fisco”, ecc. senza indicare minimamente cosa si farà? Una volta tanto posso quindi citare con piacere Vendola, condividendo una sua analisi. Va detto che effettivamente di discorsi fumosi che non indicano nulla di concreto Nichi è il massimo esperto in Italia… (a.m.24/2/14) Il nuovo governo debutta in parlamento e Renzi si esibisce in una performance in cui combina una ipocrisia senza confine (l’omaggio alla scuola e ai suoi insegnanti), una demagogia dispiegata a piene mani (sul coraggio, sulle opportunità dei giovani), una affabulazione reiterata ed insopportabile (i luoghi comuni proposti per coprire il vuoto o nascondere la natura delle sue proposte reali), un finto basismo (l’uomo comune che vuole recuperare la fiducia del popolo alla politica), bassi artifizi retorici (per deridere l’unica reale opposizione presente, cioè le/i elette/i dei 5 stelle, ma anche per prevenire quelle potenziali future). Un teatrante, un modesto teatrante, difficile da reggere fino in fondo, come è difficile reggere l’altro teatrante, ora decaduto dal Senato, con cui ha concluso l’accordo che gli ha aperto la porta della Presidenza del Consiglio Al di là della giovane età dei suoi ministri e, per la prima volta, di una significativa rappresentanza femminile, al di del nuovismo proclamato a tutto campo, è un governo di continuità sul piano economico e sociale, un governo leggero e nello stesso tempo vecchio e politicamente reazionario. Purtroppo non basta essere giovani per voler ricostruire un futuro sociale alle giovani generazioni e non basta essere donna per porre termine all’attacco sociale e ai diritti delle donne, quando, per farlo sarebbe necessario rovesciare come un calzino le politiche liberiste ed invece si agisce in quanto ministri della classe avversa. In altri termini è un governo dei padroni come per altro hanno espresso le reazioni della Borsa e i pronunciamenti delle forze economiche che contano. La composizione sociale del governo A confermare la natura del governo stanno poi le storie e i personaggi che hanno assunto la carica di ministro; a partire dal Presidente che vuole emulare il socialiberista Blair. Il ministro dell’economia Padoan è una figura borghese esemplare: già consigliere del governo d’Alema e di Amato, è stato tra il 2001 e il 2006 direttore esecutivo per l'Italia del FMIoccupandosi di Grecia, Portogallo e vari altri paesi e gestendo anche la disastrosa crisi argentina del 2001; nel 2007 è diventato vice segretario generale dell’OCSE e nel dicembre del 2009 anche capo economista; è il rappresentante dell'OCSE al G20 finanza ed è stato consulente della BCE. Non stupisce quindi che sia un fervente sostenitore della controriforma delle pensioni della Fornero. Risulta quindi una vera garanzia per i mercati internazionali; per questo è stato fortemente voluto dal Presidente della Repubblica: con lui l’Italia si manterrà sui binari del liberismo. Al Ministero dell’Interno rimane Alfano, una certezza per i potenti, per lo stesso Berlusconi e tutte le destre, una minaccia permanente di repressione per tutti i movimenti sociali e del lavoro e per coloro che lottano per difendere i diritti e l’ambiente, a partire dai militanti No tav. Un altro esponente della destra, Lupi resta alle Infrastrutture e ai Trasporti a garantire che le grandi opere distruttive per le popolazioni e i territori, ma lucrose per alcuni, si faranno. Al Ministero della Difesa per la prima volta va una donna, Roberta Pinotti del PD, già presidente della commissione difesa della Camera e poi vicepresidente di quella del Senato. Anche questa figura è una certezza per le alte sfere militari. Durante il secondo governo Prodi, molti scherzavano sul fatto che troppi parlamentari del centro sinistra avevano una subalternità tale ai vertici militari che raramente si toglievano l’elmetto di testa. La deputata Pinotti era una di quelle che non lo toglieva mai. Andrea Orlando del PD, già ministro dell’Agricoltura assume il dicastero delicatissimo della Giustizia (!?); propugnatore di una radicale riforma del settore non può non essere guardato con un certo sospetto, da quando il termine riforma non è più sinonimo di passi in avanti per le classi subalterne, ma di rafforzamento degli interessi dei potenti. Maria Elena Boschi del PD va alle Riforme e Rapporti con il parlamento, per realizzare l’obbiettivo fondamentale di Renzi, il varo delle controriforme istituzionali ed elettorali che sono state al centro del suo discorso programmatico alle Camere. Beatrice Lorenzin del centrodestra viene confermata Ministro della Sanità per continuare come e più di prima lo smantellamento della sanità pubblica. Il mondo della scuola non può che essere preoccupato dalla conferma al Ministero dell’Istruzione di Stefania Giannini di Scelta Civica. Per non lasciare dubbi sulla direzione di marcia allo Sviluppo economico troviamo direttamente Federica Guidi imprenditrice, già Presidente dei Giovani di Confindustria. E mi fermo qui perché credo possa già bastare, anche se forse è opportuno ricordare ancora che Graziano Delrio diventa sottosegretario alla Presidenza del Consiglio; è il braccio destro di Renzi, vero uomo forte della compagine ed esperto personaggio politico, già sindaco di Reggio Emilia e succeduto a Chiamparino nel 2005 alla Presidenza dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) in contrapposizione a Michele Emiliano sindaco di Bari. I problemi di Renzi Nonostante il successo Renzi si trova di fronte a parecchi problemi, a partire da una situazione economica e sociale drammatica e da vastissimi settori sociali frustrati e sfiduciati. Il rebus principale che ha di fronte è il seguente: come agire in continuità con le scelte liberiste e le politiche di austerità delle classi dominanti e determinate dal quadro europeo e dall’altro cercare di non disperdere immediatamente la credibilità del suo operato inventandosi qualche operazione d’immagine e/o truffaldina (zollette di zucchero insieme ad amare medicine) per mantenere e possibilmente rafforzare il suo governo? Già, dove reperire delle risorse se non le si vogliono prendere là dove sono state accumulate negli anni, nei potentati economici e finanziari, nelle classi superiori? Ha costruito le sue fortune sulla rapidità di proposta e di esecuzione della stessa; adesso è “obbligato” a mantenere lo stesso ritmo; nella disperazione del presente, alcuni settori di massa affidano le loro speranze agli uomini della provvidenza, ma si aspettano anche soluzioni rapide ai loro problemi. Diamanti ha riassunto molto bene questi stati d’animo: “Il fatto è che gli elettori non si fidano più dei partiti e neppure delle istituzioni. Per cui tendono a personalizzare tutto. Anche e soprattutto le loro speranze. E oggi, dopo Monti, Bersani e Letta, finito il tempo dei tecnici e dei partiti, si affidano a un Capo che non si fida molto dei tecnici e neppure dei politici e dei partiti. Anche se (e proprio perché) pare faccia opposizione anche se sta al governo. Quasi che non c'entrasse con quel mondo.” Il percorso del governo è quindi abbastanza stretto e il suo futuro incerto, sia perché le sue scelte socio economiche sono obbligate e quindi penalizzanti per la maggior parte dei cittadini, sia perché è obbligato ad inventarsi qualcosa (e non potrà essere che un soldo falso) per mantenere credibilità popolare. In Senato Renzi dispone di una maggioranza ristretta. E’ pur vero che Berlusconi lo sostiene nella misura in cui insieme puntano a realizzare le controriforme istituzionali, ma Forza Italia ha interesse ad indebolirne la credibilità per arrivare poi rapidamente alle elezioni. Il ricorso alle elezioni è probabilmente anche il disegno di Renzi, ma per poterselo permettere deve nella prossima fase consolidare i consensi, affinché la sua rapida ascesa non si trasformi in un crollo altrettanto rapido. Occorre sempre ricordarsi che le misure economiche degli anni scorsi stanno oggi esplicando tutti i loro veleni: si pensi al precipitare della situazione nella scuola, dove non solo continuerà l’emorragia degli insegnanti, ma dove già oggi i tagli stanno comportando il venir meno di servizi essenziali semplici come la pulizia delle scuole. Per quanto riguarda la sanità i dati sono agghiaccianti: tra il 2007 e il 2012 la povertà assoluta è cresciuta del 60%, interessando il 6,8% della popolazione cioè cinque milioni di persone; in queste famiglie la spesa sanitaria mensile è di 16,34 euro al mese rispetto al 92,545% della media italiana. Ma il problema è proprio questo: perché si “deve spendere” per la sanità quando dovrebbe essere gratuita e di qualità per tutti? Poi ci sono più di tre milioni di disoccupati e di altrettanti “scoraggiati” che non cercano neppure il lavoro e che, se iscritti agli uffici per l’impiego farebbero raddoppiare il tasso ufficiale di disoccupazione portandolo ad oltre il 22% che è però la misura reale del dramma occupazionale. Inoltre il 2014 si è aperto con 440.000 lavoratori in cassa integrazione con una perdita di 700 euro a testa medi. Le ricette dell’OCSE e i programma del governo In questi giorni in occasione del G2O di Sydney l’OCSE ha pubblicato un rapporto, che dopo aver fornito un quadro abbastanza cupo, per altro reale dello stato dell’economia mondiale, tra cui la decelerazione dei paesi emergenti negli ultimi anni particolarmente dinamici, propone “preziose” ricette su quanto dovrebbe fare chi governa l’Italia. Per combinazione l’estensore del documento è il capo economico dell’Ocse, un certo Padoan che, guarda caso, proprio in questi giorni è diventato il ministro dell’economia italiano… Non c’è nulla di nuovo nelle ricette liberiste che sono la semplice fotocopia di quanto viene suggerito da anni da questi organismi a tutti i paesi e che hanno già prodotto tanti guai. In primo luogo si propone di ridurre il cuneo fiscale, cioè di alleggerire ulteriormente l’imposizione fiscale alle imprese. Occorre in proposito ricordare che la riduzione del cuneo fiscale fu operata dal governo Prodi nell’estate del 2006 e che era stimata in un 5%, di cui il 3% a valere per le imprese e un 2% per i dipendenti. A quel tempo ci furono molte discussione sui benefici effettivi per i lavoratori; di certo ci fu soltanto che i tagli costituivano un regalo, ogni anno, di 7 miliardi di euro per aziende e banche (7x8 anni, quasi 50 miliardi risparmiati fino ad oggi). Renzi alle Camere ha proposto che la riduzione del cuneo sia a due cifre, cioè almeno del 10%! I soldi dovrebbero essere presi dalla spending review, cioè dal taglio della spesa pubblica, dai servizi per i cittadini… Ha proposto anche lo sblocco totale dei debiti pubblici nei confronti delle imprese e la costituzione di un fondo di garanzia per le piccole imprese. Dove prendere i soldi? Dalla Cassa depositi e prestiti, cioè da quel salvadanaio che raccoglie i risparmi dei cittadini e che sta diventando un luogo di saccheggio per ogni operazione a favore dei ricchi e delle imprese. L’altra proposta dell’OCSE è ridurre la dualità tra le fasce di dipendenti, cioè ridurre diritti e salario a certe fasce di lavoratori e contemporaneamente spostare la “protezione dal mantenimento del posto di lavoro al reddito”. Traduciamo in italiano: significa liberalizzare completamente il mercato del lavoro introducendo la totale libertà di licenziamento, abolendo gli istituti della cassa integrazione e della mobilità che ancora collegano la lavoratrice o il lavoratore a un posto di lavoro e a un’azienda, generalizzando per tutti una forma di reddito di sussistenza. Cioè i padroni fanno quello che vogliono con la forza lavoro; ai disoccupati si da una piccola elemosina per un certo periodo incitandoli a trovare un posto di lavoro; se poi non lo trovano sono cavoli loro. Questo è esattamente quanto ha proposto Renzi vagamente nascosto nelle fumoserie del suo “piano del lavoro” e sulla necessità di avere delle “normative rinnovate per attrarre gli investimenti”. Preannunciati anche forti interventi sul fisco e naturalmente interventi complessi e risolutivi sulla giustizia. Una norma dimenticata Il problema di Renzi sta tutto nel cercare di andare per questa “via maestra padronale” e nello stesso tempo inventare qualcosa che lo renda popolare, possibilmente non solo a parole, ma in concreto: non è facile. Renzi avrebbe a disposizione una misura semplice per restituire ai lavoratori una parte del maltolto, esiste una legge che dà al governo la possibilità di restituire ai salariati quanto viene loro rubato dal fiscal drag, quel meccanismo infernale per cui il salario cresce solo formalmente e non in valore reale, sottoposto però ad aliquote superiori di imposizione fiscale; i lavoratori pagano di più di quanto sarebbe dovuto. Non lo ha fatto il governo Prodi che pure avrebbe avuto più possibilità economiche e politiche; difficile che lo faccia Renzi. Fassina, l’economista del PD, presunto di sinistra, veda di ricordarsene. Noi nel frattempo proveremo a costruire l’opposizione politica e sociale a questo nuova versione del governo dei padroni.

jueves, 27 de febrero de 2014

Niente smartphone o missili se la Cina non acconsente



Neodimio, ittrio, lantanio e altri 14 minerali che prendono il nome di "terre rare". Sono alla base delle innovazioni tecnologiche. Peccato che la Cina ne abbia il monopolio.
 La Cina oggi controlla circa il novanta per cento delle terre rare, da dove si estraggono minerali e metalli largamente impiegati nella produzione di energia pulita, nell'high-tech e nell'industria militare.

La Cina oggi controlla circa il novanta per cento delle terre rare, da dove si estraggono minerali e metalli largamente impiegati nella produzione di energia pulita, nell'high-tech e nell'industria militare.


di Stella Silvestri

La loro presenza nel suolo è invisibile. Per centinaia di anni ne abbiamo ignorato l'esistenza. Oggi, condizionano il nostro futuro. Ci aprono tutta una serie di nuove opportunità, ma minacciano di distruggere il nostro pianeta. Per secoli, neodimio, ittrio e lantanio sembravano non avere valore. Ora, questi metalli conosciuti come terre rare sono essenziali per la produzione di smartphone, pale eoliche, testate missilistiche. Ogni anno, solo negli Stati Uniti, servono ottanta chili di scandio per produrre tutte le lampadine di cui abbiamo bisogno. Le auto ibride che sfrecciano nelle nostre città sono composte da ferro, neodimio e boro. Se la musica che ascoltiamo negli auricolari suona bene è perché il neodimio offre una qualità sonora eccellente. Tutte le tecnologie che ci circondano contengono terre rare, ma la loro estrazione rimane costosa e inquinante. Questo gruppo di elementi è più prezioso del petrolio, delle materie prime e rappresenta un mercato lucrativo, in particolare per la Cina, che estrae quasi tutti questi minerali essenziali per il nostro futuro.

Luca La Bella, ex analista di affari asiatici del Centro studi internazionali (Cesi) spiega: «Questi diciassette elementi sono relativamente abbondanti in natura, e sotto certi aspetti meno male, visto che sono impiegati per la produzione degli oggetti più disparati, da quelli di uso quotidiano che amiamo tanto ad impieghi decisamente più "tecnici" nell'industria automobilistica o aerospaziale. Piuttosto, "rare" sono le condizioni dove è possibile estrarre questi minerali in grande quantità senza creare danni all'ecosistema e alla salute umana. Infatti, il processo estrattivo è altamente nocivo perché effettivamente si tratta di polverizzare metalli pesanti: un procedimento costoso, lungo e che produce un range di emissioni tossiche e residui, alcuni di essi radioattivi».


Le terre rare sono una risorsa strategica per tutta una serie di settori tecnologici e beni di consumo, dalla produzione di cellulari ai pc, dalle pale eoliche alla chimica.

Ecco perché tutti le vogliono, ma sono pochi i governi che si adoperano per la loro produzione. Eppure, tutti ne abbiamo bisogno. Spiega ancora La Bella: «L'importanza delle terre rare è molteplice. In primis è collegata al loro vasto e diversificato impiego industriale, sia civile (dagli hard disk, agli schermi piatti, alle batterie delle auto ibride) sia aeronautico e militare (testate di missili, munizioni guidate di precisione, laser, radar, sistemi visione notturna, satelliti e così via). In secondo luogo, la loro importanza è aumentata per via dell'uso smaccatamente politico, o ad ogni modo non troppo sottilmente coercitivo, che la Cina fa della sua posizione dominante sul mercato delle terre rare».

«Ne è acutamente conscio il Giappone - racconta l'analista - la cui economia avanzata ha un vantaggio competitivo proprio in quei settori industriali, quello dell'elettronica di consumo e quello automobilistico, più fortemente dipendenti dalle importazioni di terre rare dalla Cina. In questa congiuntura di forte tensione nelle relazioni sino-nipponiche, Tokyo, maggiore importatore al mondo di terre rare, sa che Pechino potrebbe potenzialmente arrecare serio danno all'economia giapponese manipolando il volume di esportazioni di terre rare. Con conseguenze globali a ricaduta su tutti i consumatori del mondo, specie dell'hi-tech. Per questo abbiamo visto il governo Abe correre ai ripari e negoziare l'apertura di nuovi siti estrattivi in Vietnam e Malaysia».


Fino a quando Pechino non ha deciso di contingentare l'erogazione di terre rare, è stato abbastanza facile chiudere un occhio sulle condizioni di lavoro e di salute dei lavoratori cinesi.

Il gigante asiatico la fa da padrone sul mercato delle terre rare, ma non è sempre stato così: «Storicamente i maggiori produttori di terre rare sono stati Brasile, India, e soprattutto fino a qualche decennio fa gli Stati Uniti. Fra gli altri importanti produttori figurano giganti del minerario come Australia, Sudafrica e Mongolia». Poi, con l'aumentare delle pressioni per la salvaguardia dell'ambiente e della salute dei lavoratori, molti Stati hanno fatto dietro front. Nel 1992 Deng Xiaoping, lo storico leader cinese che guidò il paese verso un'economia aperta al mercato internazionale, disse: «Il Medio Oriente ha il petrolio, ma la Cina ha i minerali delle terre rare».

Spiega ancora La Bella: «La Cina oggi controlla circa il novanta per cento della quota di mercato di terre rare, anche se detiene solo circa un terzo delle riserve mondiali. A questa condizione di monopolio de facto si è arrivati negli anni novanta, per via del pocanzi citato impatto umano e ambientale che hanno le miniere di terre rare. Vasti complessi minerari, specie negli Stati Uniti e in Australia, hanno provocato forte opposizione popolare e, negli ultimi decenni, anche per via delle caratteristiche autoritarie della Cina e del fatto che la maggior parte delle terre rare cinesi si trova nella pressoché disabitata Mongolia interna, Pechino è stata in grado di produrre terre rare a un costo politico nullo e ad un costo economico così competitivo da mettere gli altri competitor sul lastrico».


Obama rivendica l'accesso alle terre rare della Cina di cui le imprese americane hanno bisogno e accusa di Pechino di violare le norme sul commercio interazionale sottoscritte dalla potenza asiatica con l'adesione al Wto.

Il problema è che la Cina intende sfruttare a suo vantaggio questa posizione e ha avviato un programma di riduzione delle esportazioni di terre rare «che quasi certamente, anche se temporaneamente, porterà ad un deficit globale di queste risorse» commenta l'analista del Cesi. L'accesso ai diciassette minerali ha, infatti, scatenato un contenzioso tra la Cina e le altre potenze industriali. Nel 2012 Stati Uniti, Unione Europea e Giappone hanno fatto fronte comune contro il Dragone, denunciando Pechino all'Organizzazione mondiale del commercio (Omc). L'accusa è di violare le norme internazionali limitando l'esportazione di questi metalli pregiati, indispensabili per la produzione di prodotti tecnologici.

Le accuse, per ora, sono state rimandate al mittente. La Cina afferma che queste limitazioni sono dovute solo alla necessità di amministrare le risorse disponibili, nel rispetto dell'ambiente, ma i dubbi restano. Come spiega La Bella: «Per quanto effettivamente la crescita dei movimenti ambientalisti cinesi e l'effettiva gravità dell'emergenza inquinamento nel paese forzino il Partito Comunista a preoccuparsi per l'ambiente, le ragioni sono più mondane, a mio avviso. Pechino restringe l'export per una serie di ragioni ben precise: a livello macroeconomico, la Cina vuole salire i gradini della domanda mondiale e non essere più solo un assemblatore di prodotti di altri, concepiti altrove. Xi Jinping, e la quinta generazione di leader cinesi, ha il compito di promuovere lo sviluppo dell'industria autoctona. Nell'hi-tech questo comporta un aumento della domanda interna di terre rare e la necessità di restringere le esportazioni».


La Cina soddisfa il novantasette per cento del fabbisogno di terre rare, una posizione dominante che Pechino ha acquisito sia perché detiene il trentacinque per cento delle riserve accessibili sia perché è riuscita a sbaragliare la concorrenza degli altri paesi grazie alla manodopera a basso costo.

«A livello commerciale - continua La Bella - questa mossa assicura che i prezzi delle terre rare restino stabili e bassi in Cina, fornendo ai produttori cinesi un vantaggio competitivo nei confronti dei rivali. Questo, nel lungo periodo, potrebbe portare a una rilocazione di massa degli altri produttori ed operatori nel settore hi-tech in Cina, con evidenti vantaggi in termini fiscali per l'erario cinese. A livello politico, abbiamo più di una ragione per sospettare che Pechino intenda sfruttare il suo dominio delle terre rare come strumento nelle controversie internazionali, in primis nei confronti del Giappone, come visto, ma anche nei confronti degli Stati Uniti per via delle significative applicazioni militari delle terre rare».

Inevitabile a questo riflettere sulle implicazioni per il futuro. La Cina controlla le terre rare e decide quanto esportare. Per il momento, Pechino non offre molte alternative ai paesi industrializzati che ne dipendono, quindi o si adeguano o cambiano le carte in tavola. Stiamo andando verso una nuova guerra commerciale? Lo abbiamo chiesto ancora all'analista Luca La Bella: «Certamente la questione della reperibilità delle terre rare sul mercato riguarda da vicino tutte le economie avanzate, ma andrei molto cauto sul discorso di guerra commerciale, anche perché l'Omc ha recentemente accolto la protesta di Stati Uniti, Giappone e Unione Europea contro questa decisione cinese».


Il Jiangxi è una delle province dell'entroterra cinese. Ricca di risorse naturali, ha giacimenti di numerosi minerali, tra cui oro, argento, rame, tungsteno, tantalio, uranio e terre rare, e in molti casi è al primo posto in Cina per l'estrazione di questi prodotti.

«Le terre rare saranno una vulnerabilità per tutti, ma è una finta giugulare che si può bypassare nel tempo, come stanno facendo in Giappone, con massicci investimenti governativi nell'apertura di nuove miniere e con un più caparbio e sapiente utilizzo delle terre rare già a nostra disposizione. La Cina ne ha di ben peggiori di vulnerabilità, specie dal punto di vista dell'approvvigionamento energetico, più difficile da bypassare. E comunque, per Pechino, non è detto che questa mossa vada a segno, già si nota molto fervore nel settore delle terre rare in termini di diversificazione dalle importazioni cinesi. Nuove miniere in procinto di entrare in attività negli Usa, in Vietnam, Malaysia e Mongolia e nuovi processi produttivi che portano ad un risparmio di materie prime, come anche innovativi sistemi di riciclaggio delle terre rare presenti nei rottami automobilistici ed elettronici, possono effettivamente ridurre lo strapotere cinese e al contempo contribuire alla stabilità del tumultuoso scacchiere asiatico».


Le lenti mofocali al lantanio sono uno degli ultimi ritrovati della tecnologia oculistica.


Molte biciclette di ultima generazione hanno un telaio a base di scandio.


L'ittrio è alla base delle protesi dentarie.

jueves, 6 de febrero de 2014

Prima di........

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.

                            Martin Niemoller
                                                                                 

domingo, 2 de febrero de 2014

Interiokargo VS Scratching Sounds



Francy e Gianlu......aspettando l'estate,si aprono le danze......
Vi aspettiamo al G and B,venerdi 7 dalle 22.......

jueves, 30 de enero de 2014

Saverio Tommasi e Interiokargo


30 Gennaio 2014


Saverio Tommasi e' giornalista,attore,scrittore e un centinaio di altre cose,non tutte interessanti (come dice lui stesso).
Saverio Tommasi prova a far qualcosa per cambiare il mondo.
Anche io.
Non troppo lontano da casa mia tutti i sabato, proiettero' i suoi reportage e le sue interviste,che saranno l'introduzione alla serata Interiokargo.
Da parte di tutti e due siete i benvenuti.
Chissa' che goccia dopo goccia, non si riesca davvero a cambiarlo un po' questo mondo.

Gianluca

Questi sono i link dove potete seguire il lavoro di Saverio:

http://www.saveriotommasi.it/

http://www.youtube.com/user/SaverioTommasi

http://youmedia.fanpage.it/user/SaverioTommasi

http://it.wikipedia.org/wiki/Saverio_Tommasi